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sibi » (O, non giá, come poco saggiamente aveva detto Tacito, « iactantia, gloriaque ad posteros », ma solo affine che que’ senatori grandi suoi nemici, allettati dalla speranza di poter sentire utile maggiore nella servitú che nello stato libero, divenissero istrumenti di Tiberio in assodarlo in quella tirannide contro la quale obbligo loro era di armarsi. Concluse poi Bruto la sua scrittura, ch’egli in tanto per beneficio non riconosceva la vita che da Cesare gli era stata donata, che anzi obbligo molto maggiore gli averebbe avuto se la gli avesse tolta, non altra piú gloriosa vita potendo un senator grande acquistar giammai, che dal pubblico tiranno esser dilaniato, solo perché come fortissimo campione della libertá grandemente con la sua vita gli era formidabile: e che i tiranni vita cosi gloriosa davano a que’ senatori contro dei quali incrudelivano, come vergognosamente vituperavano quelli che, troppo avidi di vita, con la vergogna di scordarsi della pubblica ingiuria della libertá occupata contracambiavano il vii beneficio del perdono ricevuto. Questa risposta di modo accese l’animo di Cesare, per sua natura altiero, che nel campo di Marte sfidò Bruto a singoiar battaglia; al quale rispose Bruto che di buon animo accettava la disfida: ma perché egli aveva in orrore il combattere con uomini mezzo morti, che medicasse prima le ferite che da lui aveva ricevute nella curia, e che tornasse poi per le altre, ché con lo stesso pugnale cumulatamente l’averebbe servito da amico. Al disprezzo della risposta di Bruto con ugual disprezzo rispose Cesare, che non, per l’ impedimento allegato da lui, mancasse di comparire in campo; perché, come egli molto ben sapeva dal suo nipote Augusto non meno che da tutto il triumvirato, con l’unguento corrosivo della proscrizione molto eccellentemente le ferite, ch’egli aveva ricevute, gli erano state medicate e saldate. Che però solo armato comparisse nel campo di Marte, e che lasciasse la comitiva de’ Cassi, de’ Caschi e degli altri suoi sgherri, co’ quali era solito di far dei sopramani e degli acciacchi agli uomini di onore. A queste cose replicò Bruto esser

(i) Tacito, libro I degli Annali.