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giuocasse : e avendo egli ubbidito, non cosi tosto penetrò Sua Maestá i cupi magisteri di simil giuoco, che esclamò il giuoco del trionfetto esser la vera filosofia dei cortigiani, la necessarissima scienza che doveano apprender gli uomini tutti che non voleano viver alla balorda; e mostrando che molto gli dispiacesse raffronto che era stato fatto a quell’ uomo, prima l’onorò col nome di virtuoso, e appresso, avendolo fatto sciórre, comandò ai bidelli che la mattina seguente aprissero un particolar ginnasio, dove col salario di cinquecento scudi l’anno quell’uomo singolare per pubblico benefizio dovesse leggere il prestantissimo giuoco del trionfetto, e sotto gravissime pene impose ai platonici, ai peripatetici, a tutti i filosofi morali e ad ogn’altro virtuoso di Parnaso, che dovessero apprendere scienza tanto necessaria : la quale acciò non cadesse loro dalla memoria, gli obbligò ad esercitarsi in quel giuoco un’ora del giorno.

Ancor che ai letterati cosa molto strana paresse che da un giuoco vilissimo da sbirri fosse stato possibile cavar documento alcuno utile alla vita degli uomini, sapendo nondimeno tutti che Sua Maestá giammai non comandò cosa che a’ suoi virtuosi non apportasse frutto grandissimo, cosi volontieri ubbidirono, che la scuola di quel giuoco fu frequentatissima. Ma come prima i letterati scoprirono i magisteri cupi, i secreti reconditi e gli artifici ammirandi dell’eccellentissimo giuoco del trionfetto, fino all’ottavo cielo commendarono l’alto giudizio di Sua Maestá, celebrando e magnificando per tutto, che né la filosofia, né la poetica, né le mattematiche, né l’astrologia e le altre piú pregiate scienze, ma che solo il mirabilissimo giuoco del trionfetto, a quelli particolarmente che negoziavano nelle corti, insegnava l’ importantissimo secreto, che ogni cartaccia di trionfo piglia tutte le piú belle figure.