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RAGGUAGLIO XXXIV

Publio Terenzio di ordine di Giasone del Maino, pretor urbano, essendo stato carcerato per concubinario, da Apollo con grave scorno di esso pretore vien liberato.

Publio Terenzio nel quartiere de’ poeti comici, in una picciola ma però molto accommodata casa, vive solo con Bacchide sua serva e Davo suo servidore: e tutto che Bacchide nel fiore dell’etá sua sia stata giovane bellissima, amica di Terenzio e di molti altri poeti comici, ora nondimeno, essendo di molti anni e però alquanto difformata, nella casa di Terenzio modestamente vive senza scandalo e senza mormorazione alcuna del vicinato. Ma diece giorni sono occorse che Giasone del Maino, moderno pretore urbano, sotto certa pena fece precetto a Terenzio che, di casa sua cacciando Bacchide, si liberasse dalla vergogna di quel pubblico concubinato. Terenzio non solo non ubbidí il precetto, ma né meno la requisitoria e la multa; onde il pretore contro lui rilasciò il mandato personale, e ieri segui la cattura, ma con tanto dispiacere di Apollo, che, straordinariamente sdegnato, pubblicamente esclamò che anco in Parnaso da’ suoi ministri, piú maligni che ignoranti, si introduceva l’abuso scelerato di esser oculato nelle apparenze, cieco nella sostanza delle cose. Onde avendo comandato che pur allora Terenzio fosse scarcerato, con infinita vergogna di tanto giureconsulto nella carcere medesima fece rinchiuder Giasone: il quale non solo pubblicamente discreditò con privarlo del carico di pretore, ma con sostituirli Filippo Decio, suo capitalissimo nimico, sopramodo l’afflisse; e ieri per ricevere il bastone e lo stendardo, particolar insegne della dignitá pretoria, il Decio essendo andato all’audienza di Apollo, Sua Maestá li disse che dal castigo dato a Giasone imparasse a qonoscere che i giudici onorati, che nell’amministrazione della giustizia piú attendono alla realtá di piacer a Dio che agli artifici di burlar gli uomini, dalla casa dei rilassati poeti prima cacciavano gli Alessi e poi le Bacchidi.