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RAGGUAGLI DI PARNASO

RAGGUAGLIO XXXIII

Apollo libera Carlo Sigonio e Dionigi Atanagi, quello da Pietro Vittorio e questo da Annibai Caro accusati per ingrati.

Mentre Apollo in compagnia degli altri giudici sedeva questa mattina nel tribunale della gratitudine, dai custodi delle carceri con una fune strettamente legato avanti Sua Maestá fu condotto Carlo Sigonio, nobil letterato modanese; del quale Pier Vittorio fiorentino acerbamente si querelò che, trovandosi il Sigonio in mano degli sbirri, che per lo debito ch’egli avea con Paolo Manunzio di mille ducati d’oro volevano carcerarlo, egli, affine che l’amico suo non ricevesse l’affronto e il danno di una lunga prigionia, con liberalitá sopra le sue forze al Manuzio sborsò i mille ducati; i quali avendo poi ricercati al Sigonio, egli piú volte per certo giorno determinato avea promesso restituire, e che sempre gli aveva mancato della parola, e che alle fine accorgendosi di bruttamente esser schernito, con suo disgusto grande era stato forzato farlo carcerare: e che al pari di vedere l’amicizia antica, corroborata con beneficio tanto grande, cangiata in una crudel nimicizia, sommamente li doleva che il Sigonio ad un suo pari in causa tanto onesta piú volte avesse mancato della fede data; che però instantemente chiedeva che quell’uomo sconoscente e apertamente ingrato, conforme alla disposizione della legge della gratitudine, severamente fosse punito. Cosi poco apprezzò Apollo l’accusa del Vittorio, che apertamente pigliando la protezione del Sigonio, disse che quelli vergognosamente mancavano di parola, che quelle cose non adempivano che in poter loro era di eseguire; ma che nelle promesse di a certo tempo pagar buona somma di danari, quei solo con infinito biasimo loro mancavano, che battendo la moneta, per malignitá di animo bugiardo non per impossibilitá di mancanza di danari non soddisfacevano a quanto avevano promesso. Poi voltatosi Apollo verso il Vittorio, li disse che un suo pari dovea considerare che