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. . . . . . . Per veder questo
Uscian de’ tetti, empiean le strade, e i campi
Le genti tutte, e i giovini, e le donne
Stavan con meraviglia, e con diletto
Mirando, e vagheggiando quale andava
E qual sembrava.''
(Virgil. Eneide, lib. vii. v. 812,
trad. di Annibal Caro)
Lascio di parlare e delle tede funeree, e dei cori de’ sacerdoti, che pace dal cielo con mesto canto pregavangli, e dei destrieri, e dell’armi, e delle frecce, e dei rimanenti segnali dell’abbandonata milizia; che lungo ed inesplicabile saria il tutto con luogo ed ordine raccontare. Sia bastevole dire, che chiamato e pianto da tutti è Lorenzo al punto, che in vedendo le insegne militari postergate, ed i vestimenti degli amici, e dei servitori di squallore coperti, rinvigorì la pietà. Al fine dopo lungo sermone d’un certo egregio teologo in laude sua, lo consegnammo all’eterna pace, nè altro rimane da fargli a mio credere, se non quello che tu con musa flebile ne canterai. Ma di questo avendo per ora parlato a bastanza, ha da voltarsi ad altro la penna.
Se tu godi buona salute, e se tutto risponde ai tuoi desiderii, me ne rallegro, e più se avrai conosciuto te stesso. Io bramava certamente, e m’era proposto di venire la prossima state a Napoli per rivedere te, il signore tuo, ed il padre mio vescovo fiorentino; ma, come già dissi, per non essere chiamato seguace delle felicità, temo che non ne farò