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GIOVANNI DA CERTALDO

A

ZANOBI DA STRADA



È lungo tempo che nè tu a me, ned io a te scrissi. Non so s’io debba darne colpa all’altezza tua, che già, per quanto vedo, le cose picciole in ispregio tiene, od alla demenza mia, che quelle da dovere essere curate non cura. Ma per opera di rea fortuna tal caso avvenne, per cui quasi contro mia voglia dovetti scrivere la presente; e voglio lasciar correre la penna piuttosto a lungo; e, quantunque ne’ regii consigli occupatissimo, com’io credo, tu sia, non t’incresca, te ne prego, di leggere cose con liberale animo scritte; imperciocchè quant’ho lungamente taciuto, è meglio ch’io manifesti; oh iniqua sorte! Che cosa dunque son io per dire?

Credo che tu avrai a memoria come il Magno tuo fosse solito chiamarmi spessissimo con certo forzato riso, il Giovanni delle tranquillità, e di più t’hai da ricordare anche della causa di tal cognome, che me ne rammento ben io; e ciò che questo nome significasse, non senza certa indignazione del cuore ho no-