Pagina:Boccaccio - La Teseide di Giovanni Boccaccio nuovamente corretta sui testi a penna, 1831.djvu/84

66 LA TESEIDE


29


La perfida nequizia del tiranno
     Figliuol di Edippo contro a Polinice
     Suo unico fratello, e ’l fiero inganno
     Del regno, degli Argivi l’infelice
     Esercito tirò a suo gran danno,
     Che è maggiore assai che non si dice,
     Davanti a Tebe, dove trista sorte
     Ciascun alto baron tolto ha con morte.

30


E dove noi invano speravamo
     Con quell’onor vedergli ritornare
     Alle lor terre ch’aval te veggiamo
     Nel tuo laureato trionfare;
     Nell’abito dolente in che noi siamo
     A seppellirgli ci convenne andare:
     Ma l’aspra tirannia di quel ch’ha preso
     Il regno dietro a lor, ciò n’ha difeso.

31


Il perfido Creonte, a cui più dura
     L’odio che a’ morti non fece la vita,
     A’ greci corpi niega sepoltura,
     Crudeltà credo mai più non udita;
     E di qua l’ombre alla palude oscura
     Di Stigia ci ritiene; onde infinita
     Doglia ci assal tra gli altri nostri mali,
     Sentendoli mangiare agli animali.