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LIBRO DUODECIMO 427


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E qua’ fossero a quelle i servidori
     E quanti ancora sarie lungo il dire,
     Che furon pur de’ giovani maggiori,
     Nè si porien per numero finire:
     E’ ricchi arnesi non furon minori
     Che l’altre cose magnifiche e mire:
     Delle vivande mi taccio infinite
     Che vi fur delicate e ben compite.

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Quivi fur sonatori ed istormenti
     Di varie condizioni, e tai che Orfeo
     Per lo giudicio di molti assistenti
     Con lor perduto avrebbe, e ’l gran Museo,
     Con tutti i suoi non usati argomenti,
     E Lino ancora ed Anfïon Tebeo:
     E canti ta’ che sarebbero stati
     Belli a Calliope e ben notati.

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Di mille modi e di piedi e di mani
     Vi si potè il dì veder ballare
     Gli Ateniesi ed ancora gli strani,
     Giovani e donne, e chi me’ sapea fare:
     E mescolati gentili e villani
     Ciaschedun si vedeva festeggiare,
     E in cotal guisa spendevano il giorno
     Per la città in qua e ’n là attorno.