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422 LA TESEIDE


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Di sotto a queste eran gli occhi lucenti,
     E più che stella scintillanti assai;
     Egli eran gravi e lunghi e ben sedenti,
     E brun quant’altri che ne fosser mai;
     E oltre a questo, egli eran sì potenti
     D’ascosa forza che alcuno giammai
     Non gli mirò, nè fu da lor mirato,
     Ch’amore in sè non sentisse svegliato.

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I’ ritraggo di lor poveramente,
     Dico a rispetto della lor bellezza,
     E lasciogli a chiunque d’amor sente
     Che immaginando vegga lor chiarezza;
     Ma sotto ad essi non troppo eminente,
     Nè poco ancora, di bella lunghezza
     Il naso si vedeva affilatetto,
     Qual si voleva all’angelico aspetto.

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Le guance sue non eran tumorose,
     Nè magre fuor di debita misura,
     Anzi eran dilicate e grazïose,
     Bianche e vermiglie, non d’altra mistura
     Che in tra gigli le vermiglie rose;
     E questa non dipinta, ma natura
     Gliel’avie data, il cui color mostrava
     Per ciò che ’n ciò più non le bisognava,