Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
406 | LA TESEIDE |
8
Degli uomini non cal di dir, che assai
È manifesto a quel che la natura
Gli tira, ed ha tirati sempre mai:
De’ due termini all’uno, o ad oscura
Vecchiezza piena d’infiniti guai,
E questa poi da morte più sicura
È terminata, ovver a morte essendo
Giovani ancora, e più lieti vivendo.
9
E certo io credo che allora migliore
La morte sia quando di viver giova:
Il luogo e ’l dove l’uomo ch’ha valore
Non dee curar, che dovunque e’ si trova
Fama gli serba il suo debito onore:
E ’l corpo che riman, null’altra prova
Fa in un loco che in un altro morto;
Nè l’alma n’ha più pena o men diporto.
10
Del modo i’ dico ancora il simigliante,
Che come che alcuno anneghi in mare,
O alcun si mora in sul suo letto stante,
O alcun per lo suo sangue riversare
Nelle battaglie, o in qual vuol di quante
Maniere uom può morir, pure arrivare
Ad Acheronte a ciaschedun conviene,
Muoia come si vuole o male o bene.