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LIBRO UNDECIMO 401


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E la gran festa ancor vi si parea,
     E’ sagrifizii, e ’l chiamato Imeneo
     Che allor si fe’ quando Arcita prendea
     Prima per sposa davanti a Teseo
     Emilia bella, e poi vi si vedea
     Il duol dolente ch’ogni Greco feo
     Nella partita dalla trista vita
     Che fece il valoroso e buono Arcita.

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Ed il feretro suo di sopra a’ regi
     Con alti pianti si vedea portato,
     E similmente da tutti gli egregi
     Baron che v’eran da ciaschedun lato,
     E ’l lamento de’ popoli e collegi
     Che infino in ciel parie fosse ascoltato:
     Poi sopra il rogo si vedeva ardente
     Il corpo ornato molto riccamente.

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Solo la sua ceduta da cavallo
     Gli uscì di mente, nè vi fu segnata:
     Credo ch’e’ fati ’l voller senza fallo,
     Acciocchè mai non fosse ricordata;
     Ma non potè la gente ammenticallo,
     Sì nel cor era di ciascuno entrata
     Con grieve doglia, sì era in amore
     Di ciascheduno il giovine amadore.


bocc. la teseide 26