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364 LA TESEIDE


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Amici cari, io me ne vo dicerto,
     Perch’io vorrei a Mercurio litare,
     Acciò che esso, per sì fatto merto,
     In luogo ameno piacciagli portare
     Lo spirto mio, poi che gli fia offerto;
     E vorrei questo domattina fare:
     Però vittime, legni ed olocausti
     M’apparecchiate a lui decenti e fausti

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Palemon ch’era a questo dir presente,
     Come quel che da lui mai non partia,
     Fe’ apprestar tutto ciò immantenente
     Che a cotal meslier si convenia;
     E sangue e latte nuovo di bidente
     Gregge e d’armenti, quali all’ara pia
     Si richiedean di così fatto Iddio,
     Per adempire d’Arcita il disio.

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Il giorno venne oscuro e nebuloso;
     E questi Febo s’avea messi avanti
     Al viso, acciocchè ’l morire angoscioso
     D’Arcita non vedesse i tristi pianti
     D’Emilia bella, a’ qual assai pietoso
     Si mostrò il giorno, gli suoi luminanti
     Raggi celando in fra le nebbie iscure,
     Vedendo chiaro le cose future.