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350 | LA TESEIDE |
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In questa guisa, se l’anima sente
Po’ la morte del corpo alcuna cosa
Di queste qua, tra la turba dolente
Andrà con più d’ardire e men dogliosa
E questo detto, più oltre niente
Allora disse; d’onde con pietosa
Sembianza e voce appresso Palemone
Incominciò così fatto sermone:
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O luce eterna, o reverendo onore
Del nostro sangue, o poderoso Arcita,
S’egli non è in te spento il valore
Usato, aiuta la tua cara vita
Con conforto, sperando che ’l signore
Del ciel soccorre a chi sè stesso aita:
Nè far ragion che ’n giovinetta etade
Atropos ora pigli potestade.
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Cessin gl’iddii che io ultimo sia
Di tanto sangue, se tu te ne vai,
Nè che Emilia mai diventi mia:
Tu l’acquistasti, e tu per tua l’avrai;
Nè l’ufficio che chiedi fatto fia
Colla mia man, per mia voglia giammai,
Ma la tua prole e tu gli chiuderete
A me, e sopra me vivi sarete.