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344 | LA TESEIDE |
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Io te ne prego per quella salute
Che tu a lui ed a me parimente
Donasti già, e per la tua virtute
Nota agl’iddii ed all’umana gente,
E per l’opere tue, che conosciute
Sono e saranno al mondo eternalmente,
E per la fede che io ti portai,
Mentre nel tuo servigio i’ dimorai.
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Questa mi fia tra l’ombre gran letizia,
Che Palemone, cui molt’amo, sia
Tratto per me d’amorosa tristizia,
Possedendo egli ciò che più disia:
Pensando ancora ch’egli abbia dovizia
Di ciò ch’egli ama, per tua cortesia,
Almeno Emilia mentre fia in vita,
Vedendo lui, avrà a mente Arcita.
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E questo detto, forte sospirando,
Tacque, cogli occhi alla terra bassati,
Tacito seco stesso lagrimando,
Nè quelli ardiva di tener levati:
Onde Teseo un poco attese, e quando
Vide ch’e’ suoi parlari eran posati,
Quasi piangendo, assai di lui pietoso,
Disse così con viso doloroso: