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LIBRO DECIMO 339


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Dunque fatica per sua guarigione
     Saria perduta, per quel ch’io ne senta:
     Fategli festa e consolazione,
     Sicchè ne vada l’anima contenta
     Il più si può in l’eterna prigione,
     Dove ogni luce Dite tiene spenta,
     E dove noi di dietro a lui andremo
     Quando di qua più viver non potremo.

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Molto cotal parlar dolse a Teseo,
     Perocchè Arcita sommamente amava;
     Ed a chi questo udiva il simil feo,
     Perciocchè ognuno alte cose sperava
     Della sua vita, se ’l superno Iddeo
     Vivo nelle parti attiche il lasciava:
     Nè sapevan di ciò nulla che farsi,
     Se non ciascun di Giove lamentarsi.

16


Adunque ciascun giorno peggiorando,
     Il buon Arcita in sè si fu accorto
     Che ’l suo valor del tutto gía mancando,
     E che senza alcun fallo egli era morto:
     NeFonte/commento: Milano, 1964 di ciò trarre il potea ragionando
     Alcun giammai, e dandogli conforto:
     Perchè volle di sè ciò che potesse
     Disporre, sol che al buon Teseo piacesse.