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LIBRO DECIMO | 339 |
14
Dunque fatica per sua guarigione
Saria perduta, per quel ch’io ne senta:
Fategli festa e consolazione,
Sicchè ne vada l’anima contenta
Il più si può in l’eterna prigione,
Dove ogni luce Dite tiene spenta,
E dove noi di dietro a lui andremo
Quando di qua più viver non potremo.
15
Molto cotal parlar dolse a Teseo,
Perocchè Arcita sommamente amava;
Ed a chi questo udiva il simil feo,
Perciocchè ognuno alte cose sperava
Della sua vita, se ’l superno Iddeo
Vivo nelle parti attiche il lasciava:
Nè sapevan di ciò nulla che farsi,
Se non ciascun di Giove lamentarsi.
16
Adunque ciascun giorno peggiorando,
Il buon Arcita in sè si fu accorto
Che ’l suo valor del tutto gía mancando,
E che senza alcun fallo egli era morto:
NeFonte/commento: Milano, 1964 di ciò trarre il potea ragionando
Alcun giammai, e dandogli conforto:
Perchè volle di sè ciò che potesse
Disporre, sol che al buon Teseo piacesse.