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LIBRO DECIMO | 337 |
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E quante Niobe in Sifilone,
Allorchè i figli di Latona fero
Vendetta della sua alta orazione,
Ne portò urne, ed ivi in sasso vero
Si trasmutò, cotante è openione
Di quivi al tempio del gran Marte altero
Segnate gisser del nome di quelli,
Le ceneri de’ quai fur messe in elli.
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Poi ricercarono i lasciati ostieri,
Siccome bisognosi di riposo,
E a dormire i regi e’ cavalieri,
E qualunque altro, al tempo tenebroso,
Tutti quanti ne giro volentieri,
Infino al nuovo giorno luminoso:
Quindi levati a corte ritornaro,
Dove Teseo levato già trovaro.
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Tutti li Greci i quali avien difetto
Eran con somma cura medicati,
E lor donato sollazzo e diletto,
E ne’ bisogni lor bene adagiati:
Talchè di morte e d’ogni altro sospetto
Furono in pochi giorni liberati;
E come prima si rifecer sani
Così i cittadin come gli strani.
bocc. la teseide | 22 |