Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
LIBRO NONO | 307 |
5
Venne costei di ceraste crinita,
E di verdi idre li suoi ornamenti
Erano, a cui in eliso la vita
Riconfortata avea, li qua’ lambenti
Le sulfuree fiamme, che uscita
Di bocca, le cadeano puzzolenti,
Più fiera la facieno: e questa Dea
Di serpi scurïata in man tenea.
6
La cui venuta diè tanto dolore
A chi nel gran teatro era a vedere,
Ch’ognuno stava con tremante core,
Nè il perchè nessun potea sapere:
Li venti dier non usato romore,
E ’l ciel più nero cominciò a parere;
Il teatro tremò, ed ogni porta
Cigolò forte ne’ cardini storta.
7
Costei nel chiaro dì rassicurata
Non mutò forma, nè cangiò sembiante,
Ma già nel campo tosto se n’è andata,
Là dove Arcita correva festante:
E orribile com’era fu parata
Al corrente destrier tosto davante,
Il qual per ispavento in piè levossi,
Ed indietro cader tutto lasciossi.