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298 LA TESEIDE


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In forma rivestito di Teseo:
     Ahi villan cavalier, falso e fellone,
     Quel codardia qui fermar ti feo?
     Non vedi tu combatter Palemone,
     E per dispetto nomarti Penteo,
     Dicendo ch’intendevi a tradigione
     Sott’altro nome Emilia possedere,
     La quale egli in aperto crede avere?

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E detto questo, trascorse la schiera
     D’Arcita con parole accese d’ira,
     E sì focoso fe’ qualunque v’era,
     Che veder parve a tutti cosa mira,
     Ed Arcita infiammato come egli era,
     Ogni riposo lasciando, si tira
     Colla sua spada in man, mostrando ch’esso
     Non fosse quel che si posava adesso.

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Agamennone il seguì animoso,
     E Menelao Polluce e Castore,
     E Peritoo appresso valoroso,
     E con Cromis ancora il buon Nestore:
     Nè cura avendo di nessun riposo,
     Ver Panto dirizzaro il lor valore;
     E lui per forza aspramente pigliaro,
     E la bandiera in braccio gli tagliaro.