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286 | LA TESEIDE |
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Lì venne il buon Leonzo Crimeone,
E l’Epidaurio Doricone ancora,
E ciaschedun di ferro un buon bastone
Portava, e ben per sè ciascun lavora,
E Amincor di Leleggia a ragïone
Di Peritoo l’affanno ristora,
E Fizïo, Filacido, e Sifero,
Ch’alcuna lena a Peritoo renderò.
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Così per lungo spazio combattendo
Givano alcuni, ed altri, per vigore
Maggior pigliar, si givan ritraendo:
Fra’ quali Arcita, asciugando il sudore,
Che sanguinoso gli gia trascorrendo
Giù per lo viso, della calca fore
Alquanto s’era tratto, e riprendea
Un poco lena, siccome potea.
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Ma mentre che prendeva tal riposo
Così nell’armi, alquanto gli occhi alzati
Gli venner là dove il viso amoroso
Vide d’Emilia, e’ begli occhi infiammati
Di luce tanto lieta, che gioioso
Facien qualunque a cui eran voltati,
E tutto in sè tornò quale in prim’era,
Siccome fior per nuova primavera.