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LIBRO OTTAVO 281


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Quivi era Archesto con altri Pisani,
     Li quali il preson per tirarlo a loro,
     Ed a caval riporlo; ma i Tebani
     Forte il tenean per lo busto fra loro:
     Onde co’ ferri vennero alle mani
     Sè percotendo agramente costoro;
     Altri il tiravan per lui riavere,
     Ed altri forte per lui ritenere.

63


E tal rissa era tra costor, qual venne
     Tra il gioviale uccello ed il serpente,
     Il quale i parvi nati di lei tenne:
     Quella di riavergli col tagliente
     Becco ricerca, aggiugnendoli penne;
     Questi solo a fuggire sta intendente
     Con essi, onde la briga cresce ognora,
     Mentre il serpente li presi divora.

64


Così era fra questi, ma Eleno
     Gridò: signori, se voi nol lasciate,
     Tra voi e noi qui lo straziereno:
     Ma non eran le sue boci ascoltate;
     Ond’egli insieme col fiero Parmeno,
     Gravanti scure nelle man recate,
     Feriro Archesto e Limaco sì forte,
     Ch’ad amenduo sentir fecer la morte.