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LIBRO SETTIMO 257


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E se non m’ingannar le calde are
     Del nostro grande Iddio armipotente
     Jer quando a lui andai sacrificare,
     Senza dubbio nïun sarò vincente:
     Ma se ’l contrario ne dovesse fare,
     Per ira concreata giustamente,
     Sopra la testa mia prego che caggia,
     Anzi che alcun di voi nessun mal n’aggia

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Ma io non sento averla meritata,
     Sicchè pur ben mi promette speranza,
     Insieme con vittoria, che acquistata
     Mi fia, non già per mia poca possanza,
     Ma per la vostra grande ed onorata
     Fama, che in ciò mi dà ferma fidanza,
     E dell’affanno me per vostro avrete,
     Se ben pugnando per forza vincete.

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E bench’io non sia premio a tanto affanno,
     Nè per me vi movesse amor nè fede
     A sostenere il già offerto danno,
     Ricordivi di cui voi siete erede,
     E qual sia il nome che i vostri primi hanno,
     Se alla prisca fama nessun crede:
     E chi voi siate ancora vi pensate,
     E poi come vi piace così oprate.


bocc. la teseide 17