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252 LA TESEIDE


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Mentre così mansueta la cosa
     Si stava, attesa dagli circumstanti,
     Arcita sotto l’elmo l’amorosa
     Vista levò, e quasi a sè davanti
     Vide colei che a tanto perigliosa
     Battaglia li metteva tutti quanti:
     E sotto l’elmo, sospirando molto,
     Così parlava con levato volto:

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O bella donna, più degna di Giove
     Che d’uom terren, se moglie ei non avesse,
     E d’ogni guiderdon di maggior prove
     Che qualunque Ercole al mondo facesse,
     O qual pur fu più forte Iddio là dove
     Bisogno fu la rabbia si abbattesse
     De’ perfidi Giganti, ch’agognaro
     Il ciel, d’onde venisti, o lume caro:

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Tu se’ bellezza ineffabile tale
     Che ’l mondo mai non vide simigliante:
     Nè credo che il ciel n’abbia altra eguale
     A te, che vinci Titan luminante
     Di lungo andar di splendor naturale,
     E con lui insieme l’altre luci sante:
     Se’ di virtù fontana e d’onestadeFonte/commento: Milano, 1964,
     Di leggiadria esemplo e d’umiltate.