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242 LA TESEIDE


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E parean sangue gli accesi tizzoni
     Daccapo spenti, tututti gemendo
     Lagnine ta’, che spegneano i carboni:
     Le quali cose Emilïa vedendo,
     Gli atti non prese nè le condizioni
     Debitamente del fuoco, che ardendo
     Si spense prima, e poscia si raccese,
     Ma sol di ciò quel che le piacque intese.

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E così nella camera dubbiosa
     Si ritornò, com’ella n’era uscita,
     Benchè dicesse aver veduta cosa
     Che le mostrava sua futura vita:
     Ella passò quella notte angosciosa,
     Infin che ogni stella fu fuggita:
     Poi si levò, e rifecesi bella
     Più che non fu mai mattutina stella.

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Il ciel tutte le stelle ancor mostrava,
     Benchè Febea già palida fosse;
     E l’orizzonte tutto biancheggiava
     Nell’orïente, ed eransi già mosse
     L’Ore, e col carro, in cui la luce stava,
     Giungevano i cavai, vedendo rosse
     Le membra del celeste bue levato,
     Dall’amica Titonia accompagnato.