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238 LA TESEIDE


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Odi le voci mie, se ne son degna,
     E quelle per la tua gran deitate
     Triforme prego che tu le sostegna:
     E s’egli non ti fia difficultate
     A lor donare perfezion, t’ingegna;
     Se mai ti punse il casto cor pietate
     Per vergine nessuna che pregasse,
     Ovver che grazia a te addimandasse.

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Io sono ancora delle tue ischiere
     Vergine, assai più atta alla faretra,
     Ed a’ boschi cercare, che a piacere
     Per amore a marito: e se si arretra
     La tua memoria, bene ancor sapere
     Dei quanto fosse più duro che pietra
     Nostro voler contra Venere sciolta,
     Cui più che ragion segue voglia stolta.

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Perchè se ’l mio migliore è ch’e’ tuoi cori
     Seguiti ancora vergin giovinetta,
     Attuta gli aspri e focosi vapori
     Che accendono il disio che sì m’affetta
     De’ giovanetti di me amadori,
     Di cui gioia d’amor ciascuno aspetta:
     E di lor guerra tra lor metti pace;
     Che certo molto, e tu ’l sai, mi dispiace.