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204 LA TESEIDE


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Questi era tanto nel corso leggiere,
     Veloce e presto, che nulla saetta
     Dal partico Cidone o altro arciere
     Mandata fu da nervo con tal fretta,
     Che lenta non paresse, e che di riere
     Non gli fosse rimasa per dispetta;
     E tanto e sì tal fïata correa,
     Che agli occhi de’ miranti si togliea.

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Questi saria nel fortunoso mare,
     Qualora e’ più in ver lo ciel crucciato
     Istende i suoi marosi col gridare,
     Correndo con asciutte piante andato:
     Non gli sarie paruto grave affare
     L’esser trascorso, senza aver guastato
     Alcuna spiga, sopra li tremanti
     Campi spigati e al vento sonanti.

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Ed oltre a questi ancor vi venne Admeto,
     Lucendo di reale adornamento,
     Di mezza etade, e nell’aspetto lieto,
     Il quale in uno scudo d’ariento
     In forma di pastore umíle e queto
     D’oro portava Febo, che l’armento
     Di lui ne’ verdi boschi pasturava,
     Ed in Anfrisio poi l’abbeverava.