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4 LETTERA

che sotto il nome dell’uno de’ due amanti e della giovine amata si conta essere stato, ricordandovi bene, e io a voi di me, e voi a me di voi (se non mentiste) potrete conoscere essere stato fatto, e detto in parte. Quale de’ due si sia non discopro, chè so che ve ne avvedrete. Se forse alcune cose soperchie vi fossono, il voler bene coprire ciò che non è onesto manifestare, da noi due infuori, e ’l volere la storia seguire, ne sono cagione: ed oltre a ciò dovete sapere che solo il bomero aiutato da molti ingegni fende la terra. Potrete adunque e quale fosse innanzi, e quale sia stata poi la vita mia, che più non mi voleste per vostro, discernere. L’altra si è il non aver cessata nè storia, nè favella, nè chiuso parlare in altra guisa; conciossiacosachè le donne siccome poco intelligenti ne sogliono essere schife: ma perocchè per intelletto e notizia delle cose predette voi dalla turba dell’altre separata conosco, libero mi concessi il porle a mio piacere; e acciocchè l’opera, la quale alquanto par lunga, non sia prima rincresciuta che letta, desiderando di disporre con affezione la vostra mente a vederla, se le già dette cose non l’avessono disposta, sotto brevità sommariamente qui appresso di tutta l’opera vi pongo la contenenza.

Dico adunque, che dovendo narrare di due giovani nobilissimi tebani Arcita e Palemone, come innamorati di Emilia Amazzone per lei combattessono, posta la invocazione poetica, mi parve da dimostrare d’onde la donna fosse, e come ad Atene venisse, e chi fossero essi, e come quivi venissero similemente: