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LIBRO QUINTO | 173 |
68
Ma poi ched egli il vide pur giacere,
Disse fra sè: che potrebbe esser questo?
E senza indugio lui gì a vedere,
E trovol che non era ancora desto
Dello spasmo profondo, e ’n suo parere
Disse: mort’è, che troppo gli fu infesto
Il colpo della mia spada tagliente:
Di ch’io sarò tutto tempo dolente.
69
Egli ’l tirava degli arcion di fuori
Soavemente, e l’elmo gli traeva,
E in su l’erbetta fresca e sopra i fiori
Teneramente a giacere lo poneva,
E poi con man delli freschi liquori
Dal vicin rivo a suo poter prendeva,
E ’l viso gli bagnava, acciocchè esso
Se fosse vivo si sentisse adesso.
70
Ma Palemone ancor non si sentia:
Per che Penteo piangeva doloroso,
Dicendo: lassa oimè la vita mia!
Morto è il mio compagno valoroso:
Ma di ciò testimon Febo mi sia
Che io non fui di ciò volonteroso,
Nè mai battaglia con lui disiai:
Oimè dolente, perchè mai amai?