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LIBRO QUINTO 169


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Oimè che m’era assai maravigliosa
     Cosa a pensar che Giunon ci lasciasse
     Nostra vita menare in tanta posa,
     E come i nostri noi non stimolasse,
     De’ quali alcun giammai a gloriosa
     Morte non venne che li commendasse:
     Ond’io mi posso assai rammaricare
     Vedendo noi a simil fin recare.

57


I primi nostri, che nacquer dei denti
     Seminati da Cadmo, d’Agenore
     Figliuoi, ver loro fur tanto nocenti,
     Che senza riguardar fraterno amore
     S’uccisero fra loro, e i can mordenti
     Atteone sbranaron lor signore:
     Ed Attamante i suoi figliuoli uccise,
     Tal Tesifone in lui fiera si mise.

58


Latona uccise i figli d’Anfione
     A Niobe intorno, madre pur dolente:
     E la spietata nimica Giunone
     Arder Semele fe’ miseramente:
     E qual d’Agave e delle sue persone
     Fosse la rabbia, se ’l sa tutta gente,
     E simile d’Edippo, il quale il padre
     Uccise, e prese per moglie la madre.