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152 LA TESEIDE


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Al qual Panfil tornando del boschetto
     Venne in prigione, e d’una parte il trasse:
     E ragionando con esso soletto,
     Molto ’l pregò che non si sconfortasse:
     E poi gli disse, senza alcun difetto,
     Come conobbe Arcita, e ciò che trasse
     Del suo parlare; e ch’e’ servia Teseo,
     E faciesi per nome dir Penteo.

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Maravigliossi Palemone assai,
     E disse: Panfil, guarda non errassi,
     Che io non credo che Arcita mai
     Nè tu nè altri per qua lo scontrassi:
     Rispose Panfil: certo sì scontrai,
     Ed egli ancora nel boschetto stassi:
     E benchè molto sia trasfigurato,
     È pure d’esso, tanto l’ho mirato.

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Palemon disse allora: grande amore
     E poco senno cel fa dimorare,
     Chè se venisse all’orecchie al signore,
     Il mondo tutto nol potria campare:
     O sommo Giove, quanto l’amadore
     Al suo disio si lascia tirare,
     E quanti ingegni s’usan per venire
     All’amoroso fin di tal disire!