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LIBRO QUARTO 145


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E così vivo in speranza dubbiosa,
     E ’l mio adoperare è senza frutto:
     Perch’io ti prego, o Venere amorosa,
     Entrale in core omai; e me, che tutto
     Son senza fallo suo, fa’ che pietosa
     Senta sì che si termini il mio lutto:
     E tu, Febo, la fa’ tanto discreta,
     Che la mia voglia in sè ritenga cheta.

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E queste e altre più parole ancora
     Metteva in nota lo giovine amante:
     Ma dopo che vedea chiara l’aurora,
     E le stelle partite tutte quante,
     Senza far quivi più lunga dimora,
     Ad Atene tornava assai festante,
     Ed alla zambra del signor n’andava,
     Per lui servir, se nulla bisognava.

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Questa maniera teneva Penteo
     Molto sovente fuor d’ogni paura;
     Ed a grado servendo il buon Teseo,
     Di suo amore ognora avie più cura;
     Ma poco ne avanzava; e questo reo
     Gli parea molto: onde di sua ventura
     Una mattina con grieve parlare
     Così si cominciò a rammarcare.


bocc. la teseide 10