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LIBRO QUARTO 137


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Poich’ella mi ha condotto a cotal porto,
     Che veggio il chiaro viso di colei
     Ch’è sommo mio diletto e mio conforto,
     Fuggan da me gli sospiri e gli omei,
     Fugga il disio che aveva d’esser morto;
     Siemi ben sommo il rimirar costei:
     Questo mi basti: e sì dicendo, fiso
     Sempre mirava l’angelico viso.

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Maggior letizia non credo sentisse
     Allor Tereo, quando gli fu concesso
     Per Pandion che Filomena gisse
     Alla sua suora in Tracia con esso,
     Che or Penteo: ma come che avvenisse,
     Essendogli ella non molto di cesso,
     In ver di lui alquanto gli occhi alzati,
     Ebbe li suoi di botto affigurati.

55


Mirabil cosa a dir quella d’amore:
     Che rade volte è che la cosa amata,
     Quantunque ell’abbia mal abile il core
     D’esser per tal oggetto innamorata,
     Pur nella mente porta l’amadore:
     E quantunque ella si mostri adirata,
     Non le dispiaccia, e se non ama altrui,
     Poco o assai convien ch’ami colui.