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136 | LA TESEIDE |
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E’ non fu prima a tal partito giunto,
Che ’l suo aspetto un pochetto più chiaro
Si fe’, che pria parea così compunto;
E dipartissi il suo dolore amaro
Il qual l’avea col lagrimar consunto,
E le sue membra forza ripigliaro;
Ma tutte altre allegrezze furon nulla
A petto a quando e’ vide la fanciulla.
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Teseo facendo una mirabil festa,
Tra le altre donne Emilia fe’ venire;
La qual più ch’altra leggiadra ed onesta,
Piacevol, bella e molto da gradire,
Ornata assai in una verde vesta;
Tal che di sè a ciascun faceva dire
Lode maravigliose, e tal dicea
Che veramente ell’era Citerea.
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Ma oltre a tutti gli altri con disio
La rimirava più lieto Penteo,
Dicendo seco: o Giove, sommo iddio,
Sed e’ mi fa omai morir Teseo,
Alli tuoi regni me ne verrò io,
Omai non mi può nuocer tempo reo,
E di buon cuor perdono alla fortuna,
Se mai di mal mi fece cosa alcuna.