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LIBRO QUARTO | 133 |
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Quando s’avvide ben ch’era del tutto
Fuor delle menti di tutte persone,
E che l’angoscia e ’l doloroso lutto
Or gli tornava in consolazione;
Disse fra sè: ancor sentirò frutto
Della mia lunga tribulazione:
E la fortuna, a me stata nemica,
Sott’altro aspetto mi fia forse amica.
42
Quindi agli eccelsi templi se ne gio
Del grande Apollo, e innanzi alle sue are
S’inginocchiò, e con sembiante pio
Volendo quivi i suoi preghi donare,
Subito molto pianto lo impedio,
Venutogli da nuovo ammemorare
Quel ch’e’ già fu, e quel che ora egli era:
Poi cominciò in sì fatta maniera.
43
O luminoso Iddio che tutto vedi,
E ’l cielo e ’l mondo e l’acque parimente,
E con luce continova procedi,
Tal che tenébra non t’è resistente,
E sì tra noi col tuo girar provvedi,
Ched e’ ci nasce e vive ogni semente,
Volgi ver me il tuo occhio pietoso,
E a questa volta mi sia grazioso.