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110 | LA TESEIDE |
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Arcita, a cui niente avie lasciato
La misera fortuna, bisognoso
Ebbe i don di Teseo non poco a grato:
E poscia con un atto assai pietoso,
Piangendo, da Teseo prese commiato,
E del palagio discese doglioso,
Pensando al suo esilio, che ’l doveva
Privar di veder ciò che gli piaceva.
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Ma Palemon vedendo queste cose
Quasi nel cor moriva di dolore
Per la fortuna sua, che più noiose
Cose serbava al suo misero core,
E pel compagno suo, al qual gioiose
Credea novelle del comune amore:
E quasi prese nuova gelosia
Di quel che ancora non avea in balia
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Esso fu rimenato alla prigione,
E Peritoo se ne gì con Arcita,
E disse: caro amico e compagnone,
La voglia di Teseo tu l’hai udita;
Benchè ’l tempo sia duro e la stagione,
E’ si pur vuol pensar della partita:
Ben me ne pesa, e sappi, s’i’ potessi,
Non vorrei mai da me ti dividessi.