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94 | LA TESEIDE |
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Al suon di quella voce grazïoso
Arcita si levò, ch’era in prigione
Allato allato al giardino amoroso,
Senza nïente dire a Palemone;
Ed una finestretta disioso
Aprì, per meglio udir quella canzone;
E per vedere ancor chi la cantasse,
Tra’ ferri il capo fuori alquanto trasse.
12
Egli era ancora alquanto il dì scuretto,
Che l’orizzonte in parte il sol tenea,
Ma non sì ch’egli con l’occhio ristretto
Non iscorgesse ciò che lì facea
La giovinetta, con sommo diletto,
La quale ancora non si discernea:
E rimirando lei fisa nel viso,
Disse fra sè: questa è di paradiso.
13
E ritornato dentro pianamente,
Disse: o Palemon, vieni a vedere
Venere qui discesa veramente:
Non l’odi tu cantar? Deh se in calere
Punto ti son, deh vien qua prestamente:
I’ credo certo che ti fie ’n piacere
Qua giù veder l’angelica bellezza,
A noi discesa della somma altezza.