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LIBRO TERZO | 91 |
2
Ponga ne’ versi miei la sua potenza
Quale la pose ne’ cor de’ Tebani
Imprigionati, sicchè differenza
Non sia da essi agli lor atti insani;
Li qua’ lontani a degna sofferenza
Venir gli fece in ultimo alle mani:
In guisa che a ciascuno fu discaro,
E all’uno fu di morte caso amaro.
3
In cotal guisa adunque imprigionati
I due Tebani, in suprema tristizia,
E quasi più che ad altro a piagner dati,
Del tutto d’ogni futura letizia
Dover aver giammai più disperati,
Maledicean sovente la malizia
Dell’infortunio loro, e ’l tempo e l’ora
Che al mondo vennon bestemmiando ancora.
4
Morte chiamando seco spessamente
Che gli uccidesse se fosse valuto:
Ed in istato cotanto dolente
Presso che l’anno avevan già compiuto;
Quando per Vener nel suo ciel lucente
D’altri sospir per lor fu provveduto:
Nè prima fu cotal pensiero eletto,
Che al proposto seguitò l’effetto.