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SOPRA DANTE 87

certi giovanetti greci, l’ usanza de’ quali il dovea trarre ad amarli, mai d’alcuno non si fidò, ma solo in quegli i quali eleggeva in servi ogni sua fede pose: ed essendo divenuto signore, in ferocissimi barbari commise la guardia del corpo suo; della quale fu tanto sollecito, che non volendo per tema nelle mani d’alcun barbiere rimettersi, fece le figliuole, ancora piccole, apparare a radere, e a loro rader si faceva: e poichè crebbero, sospettando, fece loro lasciare i rasoi, e prender gusci di ghiandi e di noci o di castagne, e quegli roventare, e con essi si faceva abbruciare i peli della barba e quegli del capo. E avendo due mogli, delle quali l’una ebbe nome Aristomache sua Siragusana, e l’altra Doride della città di Locri, ad esse non andava mai, che esso primieramente non cercasse che alcun ferro o altro nocivo non vi fosse. E avendo circondata la camera nella qual dormia d’una larghissima fossa, e sopra quella fatto un ponticello di legno levatoio, come in quella era entrato, e serrato l’uscio, così levava il ponte: e non avendo ardire di fidarsi nelle comuni ragunanze, quante volte in esse voleva alcuna cosa dire, tante salito sopra un’alta torre, diceva quel che voleva a coloro che di sotto dimoravano. E intra gli altri suoi commendatori e approvatori di ciò che diceva, conciosiacosachè uno nominalo Damocle, alcuna volta parlando della felicità di lui, raccontasse la copia delle sue ricchezze, la signoria, e la maestà e l’abbondanza delle cose, e la magnificenza delle case reali, e negasse alcuno esserne più beato di lui; gli disse Dionisio una volta: o Damocle, perciocchè io