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242 COMENTO DEL BOCCACCI

gittandomi tra loro, Vinse paura, ritenendomi, la mia buona voglia,

Che di loro abbracciar mi facea ghiotto,

cioè disideroso. Poi cominciai: non dispetto, che io abbia di vedervi, con tutto che voi siate così cotti e pelati, ma doglia La vostra condizion, ora così afflitta, dentro mi fisse

Tanto, che tardi tutta si dispoglia,

cioè mai da me non sì partirà. E questa colai dogl’a si fisse in me, Tosto, cioè incontanente, Che questo mio signor mi disse

Parole, per le quali io mi pensai,
Che qual voi siete, tal gente venisse,

cioè degna d’onore: e le parole le quali dice, che Virgilio gli disse, son quelle di sopra dove dice; a costoro si vuole esser cortese ec. Poichè l’autore ha detto questo, rispondendo a ciò che messer Iacopo avea detto,

E se miseria d’esto loco sollo ec.

ed egli risponde alla domanda fatta da loro, nella quale il pregarono che dovesse lor dire, se egli era della lor città, e dice, Di vostra terra sono, cioè della città vostra: e sempremai L’ovra di voi, laudevole, non il peccato, e gli onorati nomi, perciocchè veduti non gli avea, ma uditi ricordare,

Con affezion ritrassi ed ascoltai,

da coloro i quali gli sapevano, e che ne ragionavano: e detto questo dice loro quello, che va per quel cammin facendo, Lascio lo fele, cioè l’amaritudine, che per i peccati seguita a coloro che del peccare non si rimangono: la qual cosa esso faceva,