Pagina:Boccaccio - Il comento sopra la Commedia di Dante Alighieri di Giovanni Boccaccio nuovamente corretto sopra un testo a penna. Tomo III, 1832.djvu/183


SOPRA DANTE 175

a me con miglior labbia, cioè aspetto; erasi per avventura commosso, udendo Capaneo così superbamente parlare, e perciò cambiato nel viso,

Dicendo quel fu l’un de’ sette regi
Ch’assiser Tebe, ed ebbe, e par ch’egli abbia
Dio in dispregio, e poco par che ’l pregi:
Ma, com’io dissi lui, li suoi dispetti
Sono al suo petto assai debiti fregi.

Impropriamente parla qui l’autore, trasportando autoritade poetica, in dimostrazione d’ornamenti, quello che vuol elle s’intenda per accrescimento di tormenti: dice adunque che come i fregi sono ornamento al petto, cioè a quella parte del vestimento che cuopre il petto, così i dispetti di costui sono debito tormento all’anima sua. Or mi vien dietro. Qui comincia la quinta parte del presente canto, nella quale l’autore descrive, dove ammonito da Virgilio divenisse, e dice, Or mi vien dietro, senza più ragionare di Capaneo, e guarda che non metti

Ancor li piedi nella rena arsiccia,

cioè inarsicciata per la continua piova delle fiamme, che veniva di sopra; Ma sempre al bosco, del quale è detto di sopra, e lungo il quale andavano, fa’ li tenghi stretti, cioè accostati.

Tacendo divenimmo là ove spiccia,

Fuor della selva, cioè del bosco predetto, un picciol fiumicello,

Lo cui rossore ancor mi raccapriccia,

cioè mi commuove, come si commuovono gli uomini, quando veggono alcuna orribil cosa: e questo fiumicello era orribile per la sua rossezza, in quanto