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SOPRA DANTE 169

nati, ed esso domanda ad alcun di quegli dannati chi el sia, e il dannato medesimo gli risponde in parte: dice adunque,

Io cominciai: maestro, tu che vinci
Tutte le cose, fuor che i dimon duri,

Ch’all’entrar della porta, di Dite, incontro uscinci; dice questo l’autore, perciocchè infino a quel luogo Virgilio avea con le sue parole vinto ogni dimonio che incontro gli s’era fatto, se non quegli che in su la porta di Dite sentirono: dove allegoricamente si dee intendere, la ragione ogni cosa vincere, se non l’ostinazione, la quale sola la divina potenza vince e matura, come di sopra è stato mostrato,

Chi è quel grande, che non par che curi

Lo ’ncendio, di queste fiamme negli atti suoi, e giace dispettoso e torto, quasi non doglia senta del tormento, ma dispetto dell’esser tormentato, Sì che la pioggia, delle fiamme, che continuamente caggiono, non par che ’l maturi? cioè l’aumilii.

E quel medesmo che si fu accorto,
Ch’io domandava il mio duca di lui,
Gridò: qual’ io fu’ vivo, tal son morto,

Possonsi per le predette parole, e ancora per le seguenti, comprendere quali sieno i costumi e l’animo dell’arrogante; e primieramente in quanto dice, che giace dispettoso e torto, segno di stizzoso e d’orgoglioso animo: e poi in ciò, che egli non domandato rispose gridando, perciocchè sempre i presuntuosi prevengon colle risposte, senza esser chiamati;