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162 COMENTO DEL BOCCACCI

Catone e Gneo sentirono quello che a Pompeo era intervenuto; e perciò ancorachè il tempo fosse malvagio, Gneo si mise con parte della gente la quale avevano in mare: e Catone considerata la qualità del tempo, che sopravveniva il verno, e ancora il mare che era da navicare, che non era altro che secche, siccome ancora è la costiera di Barberia, volendo pervenire in Numidia, dove sapea essere il re Giuba, il quale era Pompeano, con tutti quegli delle parti pompeane che con lui quivi rimasi erano; non essendo loro sicuro l’andar troppo vicini alle marine, si mise a venirne verso Numidia per le arene di Libia, le quali non solamente sono sterili e solitarie, e piene dì serpenti, e senza acque o fiumi, se non molto radi, ma elle sono per lo calore del sole soprastante a quelle contrade cocentissime, e molto malagevoli a dover camminare, perciocchè non senza gran fatica vi si posson su fermare i piedi di chi va: or nondimeno la virtù di Catone fu tanta, che quantunque le rene fossero molto cocenti, e piene d’ogni disagio e di molti pericoli, esso condusse il suo esercito dopo il secondo mese nella città di Letti in Barberia, e quivi vernò con essi. Potrebbonsi in laude di questo Catone dir molte cose sante, e buone e vere, ma perciocchè di lui pienamente si scriverà nel primo canto del Purgatorio, qui a più dirne non mi distendo. Fu adunque ferventissima, come detto è, la rena la quale esso in Libia scalpitò, alla quale l’autore assomiglia quella che in questo giron trovò. Potrebbesi qui per alcuno muovere un dubbio cotale: e’ pare che per tutti si tenga, ogni cosa la quale è infra ’l cielo