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156 COMENTO DEL BOCCACCI

legge di coloro, i quali udita la dottrina di Ferecide in Egitto, nella quale esso con tanta efficacia di sermone dimostrava la beatitudine della vita futura, corsero inconsideratamente alla morte: ma con che cagione si movesse qualunque si fosse, stoltamente e bestialmente adoperarono: perciocchè secondo ne dimostra Tullio nel sogno di Scipione, lo spirito è da rendere e non da cacciare; puote adunque apparere, quelli cotali che sè medesimi uccidono, aver perduto quello perchè chiamati debbano essere animali razionali: oltre a questo, perciocchè ogni animale, non razionale ma sensibile, quanto puote naturalmente fugge, non solamente la morte, ma ogni passion nociva, siccome contraria e nimica al senso, non pare che colui, il quale contro a questa universal natura delle cose sensibili adopera, siccome coloro fanno, i quali sè medesimi feriscono e uccidono, non si possa o si debba giustamente dire sensibile animale; e perciocchè pure animale è, resta ad essere animale di quella spezie, la quale non ha nè ragione nè sentimento, cioè vegetativo, e perciò l’autore in forma di vegetativo iu questo luogo dimostra coloro che sè medesimi uccidono, cioè in forma d’albero, il qual descrive noderoso e avvolto e pien di stecchi, volendo per questo significare il nudrimento della potenza vegetativa essere stato in cosa del tutto trasvolta dalla ragione, e contro ad ogni diritto sentimento aspra e spinosa. Che l’Arpie sieno loro cagione di doglia e di tormento, può esser questa la ragione: viene tanto a dire in latino questo vocabolo Arpia, quanto rapacità o rapina; e perciocchè la cagione della perdizion