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154 COMENTO DEL BOCCACCI

mente adoperato, essere a perpetua pena dannati; e la pena è questa, che essi dalla divina giustizia gittati in inferno, quivi diventano salvatiche piante, e che delli loro rami e frondi l’Arpie schiantando si pascono; di che intollerabile dolor sentono, il quale per quelle rotture con dolorosi lamenti mandan fuori: dicendo ancora esse Arpie sopra i lor rami fare il nido loro; e in accrescimento della lor doglia mostra loro essere nella loro opinione privati della speranza di doversi di lor corpi rivestire al dì del giudicio, come tutte l’altre faranno. È adunque da sapere, acciocchè si conosca qual ragione movesse l’autore a fingere l’anime di questi dannati convertirsi in piante, l’anime nostre avere tre potenze principali, delle quali è la prima la potenza vegetativa, la quale ne dà la natura come generati siamo, in quanto cominciamo per questa potenza a prender nutrimento, per lo quale l’esser nostro si conserva e aumenta: e in questa potenza comunichiam noi con l’erbe e con gli alberi, e con ogni altra creatura insensibile. L’seconda potenza è la sensitiva, la quale l’anima nostra, avantichè noi nasciamo, riceve dalla natura, in quanto noi cominciamo a sentire, e a muoverci nel ventre della nostra madre, comechè questa potenza non ci sia nel principio conceduta perfetta, ma poi in processo di tempo, dopo il nostro nascimento, riceve perfezione; e in questa potenza comunichiamo noi con gli animali bruti, cioè con le bestie, e con gli uccelli e co’ pesci, e con qualunque altro animale ha sentimento. La terza e ultima potenza è la razionale, la quale da Dio n’è infusa, e di