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SOPRA DANTE 139

que noi vegnamo per i nostri corpi, che alcuna delle nostre anime rientri in quegli: e la cagione perchè alcuna di noi non rientrerà nel corpo suo, è per ciò,

Che non è giusto aver ciò ch’uom si toglie.

Noi uccidendoci ci togliemo i corpi, e però non è giusta cosa che noi gli riabbiamo; e per questo senza rivestirglici, Qui, cioè per questa selva, gli strascineremo, cioè strazieremo; e oltre a ciò, poichè strascinati gli aremo, e per la mesta, cioè dolorosa. Selva saran li nostri corpi, de’ quali io parlo, appesi,

Ciascuno al prun dell’ombra sua molesta,

cioè inimica. E questo finisce la sua dimostrazione. Ma qui è attentamente da riguardare; perciocchè quello che questo spirito dice, è dirittamente contrario alla verità cattolica, per la qual noi abbiamo, che tutti risurgeremo e riprenderemo i nostri corpi, e con essi risuscitati, verremo al giudicio universale ad udire l’ultima sentenza; e chi dice tutti, non eccettua alcuno, dove questi dice, che l’anime di coloro che sè medesimi uccisono, non rientreranno ne’ corpi, e per conseguente non resurgeranno; e così contradice alla nostra fede. È qui da credere che l’autore non ha qui fatte narrar queste parole a questo spirito, siccome ignorante degli articoli della fede, perciocchè tutti esplicitamente gli seppe, siccome nel Paradiso manifestissimamente appare; ma dovendo questo error recitare, ha qui usata una cautela poetica la quale è, che quante volte i poeti voglion porre una opinione contraria alla verità, essi si guar-