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SOPRA DANTE 95

Roma era allora nel 1270, e attendessero a riposarsi, e a dare ancora opera che i cardinali riformassero di buon pastore la sedia apostolica, la quale allora vacava; avvenne che, essendo il sopraddetto Arrigo, il quale divoto e buon giovane era, ad udire in una chiesa la messa, in quella ora che il prete sacrava il corpo di Cristo, entrò nella detta chiesa il conte Guido di Monforte; e senza avere alcun riguardo alla reverenza debita a Dio, o al re Carlo suo signore, essendo venuto bene accompagnato d’uomini d’arme, quivi crudelmente uccise Arrigo predetto: ed essendo già della chiesa uscito per andarsene, il domandò un de’ suoi cavalieri ciò che fatto avea, il quale rispose: che egli aveva fatta la vendetta del conte Simone suo padre, il quale era stato ucciso in Inghilterra: e secondochè alcuni voglion dire, a sua gran colpa: a cui il cavalier disse: monsignore, voi non avete fatto alcuna cosa, perciocchè vostro padre fu strascinato: per le quali parole il conte tornato in dietro, prese per li capelli il morto corpo d’Arrigo, e quello villanamente strascinò infin fuori della chiesa; e ciò fatto, montato a cavallo, senza alcuno impedimento se n’andò in Maremma nelle terre del conte Rosso suo suocero: per lo quale omicidio l’autore il dimostra essere in questo cerchio dannato; e in quanto l’autor dicesse, fesse, intende aperse violentemente col coltello, in grembo a Dio, cioè nella chiesa, perciocchè la chiesa e abitazion di Dio; e chiunque è in quella, dee così essere da ogni secolare violenza sicuro, o ancora legge o podestà, come se nel grembo di Dio fosse: e seguita