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286 | COMENTO DEL BOCCACCI |
E ancora appo noi son chiamate Eumenìde, siccome ne dimostra Ovidio dicendo:
Eumenides tenuere faces de funere raptas etc.
E questo è assai chiaro essere intervenuto appo noi in uno sventurato matrimonio. Appo i superiori iddìi sono appellate Dire, come per Virgilio si può vedere:
At procul ut Dirae stridorem agnovit, et alas,
Infelix crines scindit Juturna solutos etc.
Fu Juturna dea, e questo stridore di queste Dire il cognobbe in cielo non in terra. Sono appresso da Virgilio chiamate uccelli in questi versi:
Jam jam linquo acies: ne me terrete timentem
Obscoenae volucres: alarum gerbera nosco etc.
Oltre a questo dice Teodonzio, queste furie appo coloro, i quali abitano alle marine, esser chiamate Arpie: descrivonle similmente con orribili forme, le quali perciocchè dall’autore descritte in parte sono, lasceremo stare al presente. Attribuiscono oltre alle cose dette, a ciascuna di queste furie singulare oficio e spaventevole: e primieramente l’uficio attribuito ad Aletto appare per questi versi di Virgilio:
— — — — cui tristia bella
Iraeque, insidiaeque, et crimina noxia cordi.
Odit, et ipse pater Pluton, odêre sorores
Tartareae monstrum: tot sese vertit in ora:
Tarn saevae facies, tot pullulat atra colubris.
E un poco appresso seguita:
Tu potes unanimes armare in praelia fratres,
Atque odiis versare demos: tu verbera tectis,