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266 COMENTO DEL BOCCACCI

per la loro superbia, gente dispetta, cioè avuta in dispetto da Dio,

Cominciò egli in su l’orribil soglia,

della porta la quale era aperta, Onde, cioè da quale autorità, esta oltracotanza, di non avere riguardo a quello che voi fate, in voi s’alletta? cioè si chiama e si ritiene, Perche ricalcitrate, col perverso vostro adoperare, a quella voglia, di Dio,

A cui non puote il fin mai esser mozzo,

perciò non può esser mozzo, cioè terminato, perchè ad esso non si può pervenire, conciosiacosachè Iddio sia infinito,

E che più volte v’ha cresciuta doglia?

rilegandogli dell’aere tenebroso, nel profondo dell’ inferno, siccome è rilegato il Lucifero, il quale perchè volesse non si può muovere quindi. Che giova, a voi o ad altrui, nelle fate dar di cozzo? Altra volta è stato detto di sopra, il fato doversi intendere la divina disposizione, contro alla quale volere adoperare, non è altro se non voler cozzare col muro, che si rompe l’uomo la testa, e ’l muro non si muove: nè è però da credere, che Domeneddio col suo provedere ponga necessita ad alcuno, come pienamente si tratterà nel XVII canto del Paradiso: ma perciocchè qui poeticamente parlando l’autore dice fate in plurali, è da sapere, secondochè i poeti scrivono, che queste fate son tre, delle quali la prima è nominata Cloto, la seconda Lachesis, la terza Atropos: e secondochè dice Teodonzio, elle furon figliuole di Demogorgone e di Caos. Vuolsi qui recitare la