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SOPRA DANTE 251

minciata, seguendo il costume di coloro, i quali ardentissimamente aspettando desiderano alcuna cosa; i quali avendo incominciato a dire alcuna cosa, senza compier di dirla, e talvolta senza avvedersene, saltano in altre parole, per le quali il desiderio loro dimostrano; e perciò all’orazione mozza di Virgilio, soggiugne esso medesimo il desiderio suo, dicendo, Oh quanto tarda a me, cioè al parer mio, perciocchè a chi molto desidera, non vien sì prestamente il desiderio suo che non gli paia che egli indugi molto, ch’altri qui giunga! il quale abbatta l’arroganza de’ demoni che la porta serrarono, e a lor mal grado quella aprano. Estimava Virgilio veramente dovere da Dio, per lo cui mandato egli era in quel viaggio, venire alcuno, per la cui opera egli potessono entrare nella città.

Io vidi ben, siccom’ el ricoperse

Lo ’ncominciar, cioè le parole cominciate, quando disse, se.... non.... tal ne s’offerse, con l’altro, che poi venne, cioè col dire,

Oh quanto tarda a me, ch’altri qui giunga!
Che fur parole alle prime diverse,

in quanto non seguivano a quelle. Ma nondimen, comechè egli ricoprisse, paura il suo dir dienne, cioè il suo non continuato parlare, e mostra l’autore perchè di ciò prendesse paura, dicendo,

Perch’io traeva la parola tronca,

cioè, se.... non.... tal ne s’offerse, Forse, dice forse, perchè ancora certezza non aveva di ciò che Virgilio s’avesse inteso per le parole mozze, a piggior sentenzia, cioè intendimento, ch’ e’ non tenne, il par-