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SOPRA DANTE 237

Tutti gridavano, que’ dannati, animando l’un l’altro ad offender quest’anima: e che gridavano? a Filippo Argenti: quasi voglian dire, corriam tutti addosso a Filippo Argenti. Fu questo Filippo Argenti, secondochè ragionar solea Coppo di Borghese Domenichi de’ Cavicciuli, cavaliere ricchissimo, tanto che esso alcuna volta fece il cavallo, il quale usava di cavalcare, ferrare d’ariento, e da questo trasse il soprannome: fu uomo di persona grande, bruno e nerboruto, e di maravigliosa forza, e più che alcuno altro iracundo, eziandio per qualunque menoma cagione: nè di sue opere più si sanno che queste due, assai ciascuna per sè medesima biasimevole: e per lo suo molto essere iracundo, scrive l’autore, lui essere a questa pena dannato:

E ’l fiorentino spirito bizzarro,

cioè iracundo; e credo questo vocabolo bizzarro sia solo de’ Fiorentini, e suona sempre in mala parte; perciocchè noi tegnamo bizzarri coloro che subitamente e per ogni piccola cagione corrono in ira, nè mai da quella per alcuna dimostrazione rimanere si possono, In sè medesmo, vedendosi schernire, o assalire dagli altri, si volvea co’ denti, per ira mordendosi. Quivi ’l lasciammo, procedendo avanti, che più non ne narro, che di lui dopo questo si seguisse.

Ma negli orecchi mi percosse un duolo;

qui si può comprendere quello che poco avanti dissi, venire a ciascuno senso quello che da essi si percepe, in quanto dice che un duolo, cioè una voce dolorosa gli percosse gli orecchi, di là venendo dove