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SOPRA DANTE 235

pitante popolo: sola la buona mente è quella che possiede il regno: questa non ha bisogno di cavalli nè d’armi: re è colui il quale alcuna cosa non teme da non temere. Dalle quali parole possiam comprendere quanti sieno oggi quegli i quali degnamente si possano tenere re: non sono adunque re questi cotali che re si tengono, anzi son tiranni, e perciò meritamente seguita, che questi cotali che re si tengono, perchè posson far male quando vogliono,

Che qui staranno, come porci in brago,

e meritamente, acciocchè nel brago e nella bruttura riconoscano i mali usati splendori nella vita presente; e che ancora più vituperevole fia, morranno, Di sè lasciando, in questa vita, orribili dispregi, cioè memoria di cose orribili, e meritamente da dispregiare state operate da loro. Ed io: maestro. Qui comincia la quarta particola della seconda parte principale di questo canto, nella quale l’autore descrive, come secondo il suo desiderio vide straziare all’anime dannate quello pien di fango che davanti gli s’era parato: e primieramente apre il suo desiderio a Virgilio dicendo,

Ed io: maestro, molto sarei vago

Di vederlo attuffare, costui il quale tu mi di’ che fu persona orgogliosa; e questa vaghezza par che sia generale in ciascuno virtuoso uomo, di vedere gl’incorregibili punire, in questa broda. Il proprio significato di broda, secondo il nostro parlare, è quel superfluo della minestra, il quale davanti sì leva a coloro che mangiato hanno: ma qui l’usa l’autore largamente, prendendolo per l’acqua di quella palude